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L’ego e il suo dominio

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  • 8 Giugno 2024

Ti sei mai chiesto cosa sia l’Ego?

L’ego è il complesso di tutte le credenze mentali alle quali permettiamo di governare
la nostra vita e di controllarci con onnipotenza. È una sovrastruttura fatta di abitudini,
comportamenti e reazioni automatiche, per lo più inconsapevoli. Gli psicologi
spirituali lo considerano un “io piccolo” in contrasto con l’Io vero, e parlano di ego o
personalità in contrasto con l’Essenza, l’Anima, la Scintilla Divina, che è il nucleo
centrale.
Tuttavia, è necessario ricordare che la sua funzione è quella di proteggerci e
suggerirci il miglior comportamento da attuare nelle varie circostanze della vita.
Purtroppo, basandosi sulle nostre credenze limitanti, soprattutto quelle formatesi
durante esperienze spiacevoli o traumatiche vissute nell’infanzia, quando agisce fa
leva sulla PAURA, anziché sull’AMORE o sull’ascolto dei nostri BISOGNI.
L’ego è composto da materia mentale, non sa quali sono i nostri bisogni spirituali;
quando l’ego agisce, non siamo noi stessi, non ascoltiamo i nostri veri bisogni e non
viviamo nel qui e ora, ma ci proiettiamo nel futuro oppure restiamo legati al passato,
impedendo la nostra evoluzione.


Vuoi capire quando l’ego dirige la tua vita?

Ogni volta che vivi un malessere
interiore, ogni volta che provi ansia, paura, agitazione, rabbia, tristezza e senso di
colpa.
Quando interiormente vivi un conflitto, ad esempio, esso è l’espressione del conflitto
che sperimenta la tua anima quando desidera qualcosa in contrasto con una tua
credenza. Nel tempo, se dai sempre ascolto alla tua credenza, il tuo corpo manifesterà
un sintomo che si cristallizzerà in una malattia.


Sei cosciente del potere che ha la tua mente?

È possibile un cambiamento nella relazione che esiste tra ego ed Essenza, ma il
lavoro non deve consistere nell’eliminare l’ego affinché fiorisca l’Essenza;
ricordiamo che l’ego svolge una sua propria utilità nelle varie circostanze della vita, e
non deve essere considerato un nemico. Piuttosto, l’Essenza potrà manifestarsi,
liberando se stessa dalla prigione dell’ego, attraverso la coscienza, intesa come
scoperta e consapevolezza dell’esistenza e delle caratteristiche di questa
sovrastruttura.
Non dobbiamo eliminare il nostro ego, dobbiamo solo togliergli lo scettro e il potere
sulla nostra Essenza, che l’ego da ora in avanti servirà.
L’osservazione della mente, intesa come
consapevolezza di ciò che penso e perché lo
penso, è un utile strumento con il quale l’essere umano può condurre la propria vita,
un valido punto di partenza per intraprendere un
cammino di conoscenza di sé e del
proprio ego.
I pensieri automatici
sono forme di condizionamento, che a loro volta derivano da
credenze profondamente attecchite dentro di noi: credenze su noi stessi, sugli altri,
sulla vita in generale. Ogni credenza è una forma di giudizio, una “non
accettazione
” di noi stessi, degli altri, della vita in generale.
La
mente liberata è uno strumento potente, è la mente senza giudizio.
Per liberarla, innanzitutto è necessario sviluppare la consapevolezza, osservare e
comprendere se i nostri pensieri sono nostri o piuttosto condizionamenti basati sul
giudizio, che a loro volta generano
ostilità.
Se non mi rendo conto che nella mia mente si formano
giudizi egoici ostili a me
stesso e agli altri sto generando vibrazioni di ostilità, che a loro volta generano
sofferenza e infelicità. Significa che subisco la vita senza sapermi orientare.
Tra le varie forme di giudizio quella
primaria, che genera tutte le altre, è il giudizio
su noi stessi
: i giudizi che proiettiamo sugli altri rispecchiano prima di tutto ciò che
non accettiamo di noi stessi.
Ce la prendiamo con un amico che viene meno ad un impegno: quanti di noi
giudichiamo poco serio o irrispettoso questo comportamento? Tutti almeno una volta
nella vita. Perché?
Perché prima di tutto
non lo accettiamo in noi stessi, perché non ci concediamo di
essere come lui, perché nel nostro profondo una credenza limitante ci ammonisce che
non mantenere fede agli impegni è
male, perché una volta, tempo fa, in una certa
occasione, non abbiamo mantenuto fede a un impegno, magari per causa di forza
maggiore, e ne abbiamo
sofferto, o ci siamo sentiti in colpa, o accusati, come noi ora
facciamo con l’amico. È capitato anche a noi, sì, ma ce ne siamo
dimenticati ed ora
tutta la sofferenza che ci ha prodotto quell’evento
giace nascosta sotto la nostra
credenza che non onorare gli impegni è grave, e la
alimenta giorno dopo giorno,
senza che ce ne accorgiamo. Risultato?
Credenza, giudizio, pensiero automatico, accusa, sofferenza.
Consapevolezza significa entrare in intimità con sé stessi, conoscere e amare ogni
parte di sé, percepire una propria
integrità essenziale attraverso la comprensione
compassionevole
delle credenze limitanti che ci condizionano e che si sono formate
quando eravamo molto piccoli, per proteggerci da un ambiente
percepito come
ostile.
L’integrità, intesa come
equilibrio, come “essere integralmente corpo, mente ed
emozioni
”, si percepisce e si può vivere nell’agire esteriore a partire dall’interno e
coinvolgendo ogni nostra parte.
Senza una visione completa non è possibile alcuna
azione libera e consapevole, e
per avere una visione completa di sé occorre portare attenzione alla propria
dimensione interiore, cioè alla dimensione Essenziale, che è la
dimensione divina,
del “
non giudizio”, del perdono, dell’amore incondizionato.
Chi non perdona se stesso o gli altri sta attuando un atteggiamento ostile senza
amore
. C’è una parte di sé che prende il sopravvento sulle altre, che subiscono questo
atteggiamento violento. In tutto questo non c’è integrità, non c’e amore, non c’è
perdono.

Il perdono è un atto divino, che parte dalla consapevolezza che tutto ciò che creiamo
nella nostra vita è frutto di nostre
scelte, di azioni che hanno una risonanza con ciò
che ci circonda.
Per esempio, formuliamo un giudizio sul
tradimento. Il tradimento è sbagliato, è
male, chi tradisce è una cattiva persona e fa soffrire gli altri. Lo neghiamo e
disprezziamo la persona che tradisce. Facilmente attrarremo nella nostra vita una
persona che ci farà vivere la ferita del tradimento, perché la
nostra anima ne ha
bisogno per intraprendere il cammino dell’accettazione e del perdono. Solo se
accettiamo di poter essere anche “traditori”, che il tradimento possa far parte della
natura umana, e quindi anche di noi, come
conseguenza di una ferita profonda, ci
libereremo dal controllo della mente e smetteremo di giudicare e produrre
sofferenza.
Quindi la via è quella della
compassione, la parola chiave per iniziare ad amare
incondizionatamente sé stessi e quindi gli altri.
Compassione non è commiserazione, ma consapevolezza della
dignità infinita
dell’essere umano
, che è divino ma non lo sa, perché se ne è dimenticato.
Anche il
corpo è un protagonista in questo percorso. Prestare attenzione ai messaggi
del corpo, entrare in qualche modo nel corpo, in atteggiamento empatico, significa
ascoltarlo, fare la scelta di percepire le voci che abbiamo dentro e iniziare così un
cammino nelle profondità delle nostre
emozioni, quelle da cui la mente tenta di
fuggire, per non sentire, per proteggerci da un dolore che non è in grado di
comprendere.
E’ fondamentale per chiunque diventare consapevoli di quello che accade nella
propria vita. Solo noi stessi ne siamo responsabili.
Nessun altro può renderci felici o
infelici e noi non siamo fautori della felicità e dell’infelicità altrui.
Del resto tutte le tradizioni spirituali, da sempre, ci invitano a non attaccarci alle
costruzione della mente e a non trattenere ciò che non può essere più nel qui e ora,
esortandoci a
lasciar andare e accogliere il flusso della vita.
Il
premio di questo impegno, perché di un vero e proprio impegno si tratta, è essere
come siamo, riuscire ad esprimere la nostra vera natura, essere in contatto con la
nostra interiorità, smascherarci, a recuperare le parti che rinneghiamo e ad accettare i
nostri limiti pacificando la nostra mente.

Jole Sciacqua

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